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Capitolo 4. IL BUON USO
DEGLI STRUMENTI |
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Un uso "responsabilizzante-informativo"
della moneta non dipende, però, solamente dalla buona volontà
e dalla moralità delle persone, ma dipende anche dal "tipo"
di moneta, vale a dire dalle caratteristiche dello strumento monetario.
Cadiamo facilmente nella tentazione di considerare
che il buon o cattivo uso di uno strumento dipende quasi esclusivamente
dalla buona o cattiva volontà di chi lo usa. Senza negare
l'importanza di questa buona o cattiva volontà, dobbiamo
ammettere che le stesse caratteristiche strutturali di uno strumento
possono favorirne il buon o cattivo uso.
L'informazione di cui può disporre l'usuario sui suoi pericoli
e possibilità, la penalizzazione o l'impunità previste
per il suo uso scorretto, il tipo di meccanismi di sicurezza che
incorpora, il livello di accettazione tra la popolazione, i miti
che lo circondano... costituiscono un insieme di variabili che orientano
e favoriscono un determinato utilizzo di qualunque strumento. Gli
strumenti di caccia e/o guerra, dal pugnale alla lancia, dall'arco
al fucile, incorporano, in ciascuna cultura e momento storico, quest'insieme
di precauzioni e cautele che si fanno via via più complesse
man mano che anche lo strumento lo diventa sempre più.
Oggi, parlando di tecnologia, non solo occorre
tenere in considerazione l'hardware (lo strumento, l'apparecchio)
ed il software (le regole che permettono di usare l'hardware), ma
anche ciò che viene chiamato il brainware o knoware (come,
quando, dove, perchè... usare l'hardware ed il software).
"Giocare col fuoco" è un'espressione che indica
la pericolosità dell'uso di determinati strumenti. Ogni strumento
possiede il suo contesto, al di fuori del quale o è inutile
o è pericoloso (una lama gettata su di una spiaggia, una
macchina per navigare). L'uso di qualunque strumento richiede un
minimo di formazione e/o abilità (non si lascia un coltello
ad un bambino, nè guidare un veicolo a chi non ne è
capace). Ogni strumento, inoltre, quanto più pericoloso,
più misure di protezione possiede (la fodera di un pugnale,
i cinturoni di sicurezza...). Esistono strumenti di controllo che
servono per "misurare, documentare, registrare... l'uso di
altri strumenti (contatori, registratori...) con l'obiettivo di
conoscere i limiti, il consumo o le responsabilità (velocimetro,
tachimetro...)".
Tra i cambiamenti strumentali ve ne sono alcuni
particolarmente significativi: gli strumenti d'autocontrollo di
un sistema qualsiasi, in apparenza insignificanti, sono di una grande
importanza per il raggiungimento dell'equilibrio del sistema in
questione, sia dal punto di vista dell'efficienza, sia da quello
della responsabilizzazione dell'usuario. Nel primo caso troviamo
per esempio tutti gli apparecchi cibernetici d'autoregolazione (termostato,
pilota automatico...), nel secondo i sistemi di autodocumentazione
(tachimetri dei camion, che lasciano tracce documentate delle imprudenze
del conducente; le scatole nere degli aerei, che registrano i possibili
guasti meccanici od errori umani). Nessuno si stupisce che in sistemi
complessi o d'alto valore strategico s'introducano questi strumenti
d'autoregolazione o di autodocumentazione. Invece, sembra che ci
procuri un certo fastidio l'idea di poter disporre di questi sistemi
per autoregolare e autodocumentare dei marchingegni tanto delicati,
complessi e trascendentali come la politica, la giustizia e l'informazione.
Si riconosce alle autorità monetarie il
diritto di porre limiti all'invenzione bancaria di denaro, però
gli strumenti di cui dispongono sono in generale inefficaci ed insufficienti.
Si riconosce il fatto che la Giustizia deve garantire lo Stato di
diritto e l'uguaglianza di chiunque davanti alle leggi, però
anche qui gli strumenti sono insufficienti ed inefficaci, tanto
per ciò che riguarda la documentazione come rispetto alla
sua indipendenza reale davanti allo Stato e davanti ai poteri di
fatto.
Si tratterebbe di fare un'analisi delle caratteristiche che dovrebbe
possedere un sistema d'informazione che pretende ottimizzare e responsabilizzare
la presa di decisioni a tutti i livelli (territoriali, dal quartiere
allo Stato) e in tutti gli ambiti (politica, mercato, giustizia).
Potremmo elencarne qualcuna:
- Che non sia burocratico, e non abbia bisogno
di milioni di funzionari, di ispettori e di poliziotti.
- Che sia il più possibile automatico, e non richieda dichiarazioni
nè documentazioni complicate.
- Che non dipenda nè dal Fisco, nè dalla polizia,
nè dall'Esecutivo, nè da imprese private, cioè
che non stia nelle mani di nessuno che possa agire contro i cittadini
al di sopra o al di sotto della legge.
- Che rispetti e protegga l'intimità di ciascuna persona,
senza che questo sia il pretesto per dare copertura ad irresponsabilità
o crimini, tanto pubblici come privati.
- Che in tutti gli aspetti di carattere generale -non personale-
sia trasparente ed accessibile, vale a dire alla portata dei differenti
livelli di comprensione.
- Che faciliti una migliore produzione e distribuzione di beni,
all'interno del contesto ecologico.
- Che favorisca una migliore partecipazione e responsabilizzazione
della presa di decisioni politiche.
Bisognerebbe dunque cercare quali degli strumenti
o sistemi informativi attuali può avere, con gli opportuni
adattamenti, queste caratteristiche.
È possibile che in questa ricerca ci si accorga che il sistema
monetario può venire consapevolmente adattato in modo tale
da riunire, in un quadro coerente e democratico, tali caratteristiche.
Nel caso della moneta (hardware), occorre allora studiare attentamente
fino a che punto le sue caratteristiche (software) sono tali da
favorire determinati modi d'uso (brainware) antisociali o antieconomici
e fino a che punto è possibile, socialmente e tecnicamente,
modificare queste caratteristiche per una serie di altre che favoriscano
le sue funzioni positive, col minimo di disfunzioni negative, seguendo
il criterio che si utilizza con qualunque altro problema strumentale
o tecnologico.
Note:
ZELENY, Milan (1985), La sfida della complessità,
Feltrinelli, p. 403.
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