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Breve storia della moneta.
Agustí Chalaux de Subirà, Brauli Tamarit Tamarit.

Il Capitalismo Comunitario.
Agustí Chalaux de Subirà.

Uno strumento per costruire la pace.
Agustí Chalaux de Subirà.

Leggende semitiche sulla banca.
Agustí Chalaux de Subirà.

Moneta telematica e strategia di mercato.
Magdalena Grau, Agustí Chalaux.

Omaggi e biografie:

Note autobiografiche di Agustí Chalaux de Subirà (1911-2006).


Capitolo 3. Le due facce della moneta.

Quest'ambivalenza della moneta è dovuta all'uso che se ne fa: strumento di dominio, di potere, di corruzione.... o strumento d'intercambio, di responsabilizzazione, d'informazione condivisa.

L'ambivalenza della moneta si deve all'uso che ne fa chi la possiede, e soprattutto chi la possiede in quantità sufficienti ad orientarne l'uso predominante. Nella mitologia greca, Plutone, che era insieme la divinità dei morti e della ricchezza, aveva due facce: una orrenda e l'altra benevola. Questa è la natura tragica degli strumenti umani. Questa ambivalenza divina si concretizza nel corso della storia in "plutarchia": l'insieme di persone e di istituzioni che detengono il potere a causa della loro ricchezza, vale a dire, i poteri di fatto del denaro. La terribile ambiguità della moneta ha tenuta nascosta, però, una parte della faccia benefica di Plutone: la responsabilizzazione e l'informazione condivisa. La parola moneta proviene dal latino moneta, nome della fabbrica di moneta a Roma. Dalle diverse possibili origini greche del nome, possiamo derivarne diverse funzioni: monas (unità di misura dell'intercambio); monitore (avviso-informatore di ciò che si realizza in un intercambio).

La difficoltà nel valutare la "bontà" della moneta viene dal fatto che dobbiamo far fronte alle sue due facce nelo stesso tempo. Nelle culture in cui la si considera imprescindibile per gli scambi viene insieme accusata di essere lo strumento di molti mali. Però questa ambivalenza non la si tiene in conto al momento di cercare soluzioni. Si pensa che esiste un solo tipo di moneta possibile che, intrinsecamente, ne permette un doppio uso, buono e cattivo. Con questo argomento tutto il resto ricade sulla responsabilità personale, sulla moralità dei politici, dei banchieri e degli impresari. Moralità sempre dichiarata, e mai messa in dubbio dagli scandali settimanalmente denunciati dalla stampa in un paese od un'altro, e che coinvolgono alcuni membri della classe dirigente, normalmente obbligati alle dimissioni, e tutto finisce lì. Però questi scandali sono senza dubbio la punta di un gigantesco iceberg che coinvolge in pratica quasi la totalità delle persone che fanno muovere i soldi. E non perchè manchi moralità o etica alla maggior parte dei mortali, ma perchè, di per se stesso, il tipo di moneta dominante è uno strumento perfetto per incoraggiare i più santi a far qualcosa di "piccolo" o di "grande" che non si dovrebbe fare. Nello Stato di diritto, nel regno della legge, quasi tutto è "toccato" direttamente od indirettamente da questo tipo di moneta vigente, che non lascia traccia.

Chiedere moralità e responsabilità in presenza di questo tipo di moneta è come chiederne a dei prigionieri in un campo di concentramento dove scarseggiano gli alimenti ma i prigionieri possiedono coltelli (strumenti insufficienti per fuggire, ma vitalmente utili per sopravvivere). Per sopravvivere, ciascuno di noi, al suo livello sociale, usa la moneta come può. Non rimane altra scelta. Il vero problema è che c'è qualcuno che non soltanto l'utilizza per sopravvivere, ma per garantirsi il proprio livello di benessere e di potere. Nel campo di concentramento le guardie assicurano il loro dominio fabbricando pugnali e introducendoli tra i prigionieri. La zuffa permanente tra i prigionieri è la migliore garanzia per i guardiani del campo. La distribuzione di pugnali a determinati gruppi e in determinate condizioni stabilisce all'interno del campo un sistema di dominio ben più brutale di quello esercitato dagli irreprensibili e rispettuosi guardiani, difensori dell'ordine pubblico.

Alcune, poche, pochissime persone hanno molto a che vedere con le grandi operazioni speculative della borsa, con le grandi imprese di sfruttamento delle risorse naturali, con i grandi affari di fabbricazione e vendita d'armi o di produzione e distribuzione di droga, con le grandi reti di produzione informativa... E vi hanno molto a che vedere sia perchè prendono decisioni al riguardo, sia perchè ne sono proprietari. In entrambi i casi, si tratta di ottenere denari e potere o potere e denari, gli uni inseparabili dall'altro. Il denaro dà potere e il potere si ottiene, s'incrementa e si conserva attraverso il denaro. Queste poche persone -più o meno anonime, più o meno rivali, più o meno promotrici di organizzazioni e di imprese- costituiscono, di fatto, un Governo all'ombra che condiziona gran parte delle decisioni importanti. Sono il potere "di fatto" per eccellenza, che, direttamente o indirettamente, preme sui governi o colloca quinte colonne nei parlamenti e nelle istituzioni. Sono una grande mafia -accettata o perseguita-, onnipresente nei punti chiave. Le sue forme più folkloristiche sono la mafia siciliana e i cartelli colombiani. Le sue forme più raffinate sono tanto sottili e molteplici quanto lo permettono i diversi sistemi sociali (di solito coincidono con gli "affari" di onorevoli banchieri, impresari e politici).

La maggior parte di noi è coinvolta nel fatto che la situazione sia questa. La partecipazione su piccola scala, le piccole complicità (falsità nella dichiarazione dei redditi, piccoli lavori in nero, d'economia sommersa, "mance" o regali per ottenere favori...) ci fanno temere la trasparenza. Per poter mantenere ciascuno il suo piccolo gioco truccato, diamo copertura al grande gioco sporco che annulla automaticamente i magri guadagni che possiamo ottenere con i nostri stratagemmi.

L'altra faccia della moneta dobbiamo ancora scoprirla perchè fino ad ora era molto difficile persino immaginarla tecnicamente e socialmente. E ciò che non vediamo e non possiamo immaginare, è come se non esistesse. In che modo una moneta metallica o un biglietto di banca possono aiutare a lasciar traccia di ciò per cui sono stati utilizzati? In che modo coloro che traggono profitto da questa situazione possono risultare interessati a cambiare le cose?

Sembra chiaro che la plutarchia, il potere del denaro, non ha granchè interesse per l'immaginazione creativa e che non ha lanciato alcun "concorso" per studiare e proporre alternative a questo tipo di moneta che gli permette di giocare (sporco) senza lasciare traccia. Ma è anche possibile che la complessità del mondo attuale e l'intrinseca incapacità di affrontarla che dimostra l'attuale tipo di moneta, siano fattori che congiurano nel mettere in pericolo la sua sopravvivenza.
Horace Finaly (1871-1945).
Nella misteriosa riunione dei tre grandi "banchieri", Deterding, Morgan e Finaly, gli esperti gli garantivano che, razionalizzando la moneta, potrebbero guadagnare una quantità di denaro ancora più grande. Curioso paradosso! Il gioco pulito non solo è salutare per il corpo sociale, ma addirittura, secondo loro, permetterebbe di trarre miglior partito dalla creazione di ricchezza. Gran parte delle incertezze delle finanze e degli investimenti, delle obbligate e rischiosissime operazioni speculative attuali verrebbero investite da un potente ed esatto sistema informativo che permetterebbe evitare, con miglior conoscenza di causa, le grandi crisi e i sobbalzi, facilitando un più razionale utilizzo di risorse malsfruttate.

Di solito succede che se si gioca in modo sporco in un determinato sistema è perchè chi non lo fa ne resta emarginato. Ciò significa che non tutti hanno la voglia di giocare sporco. In questi casi, esiste sovente un desiderio di cambiare le regole del gioco e, soprattutto, di poter stabilire la fiducia reciproca che permetta di sapere che si vigilerà efficacemente per salvaguardare le regole del gioco "pulito". Purtroppo, normalmente, questo desiderio e questa speranza rimangono frustrate se non si propongono o accettano nuove regole del gioco che siano efficaci e che possiedano soprattutto un sistema che ne garantisca il rispetto, o se non altro la penalizzazione di chi le infrange.

Si tratta dunque di scoprire una faccia della moneta che favorisca insieme la libera creazione di ricchezza (in una cornice ecologica e solidaria) e che permetta il fatto che per far questo non sia necessario sporcarsi le mani continuamente, perchè "ciascuno sa che tutti sanno" che non c'è più bisogno di farlo.

Problemi di questo genere sono abbastanza comuni. Si pongono nel modo più chiaro nei giochi dei bambini:

Quando si comincia un gioco, tutti sono messi al corrente delle regole. Chi non le rispetta viene rifiutato dagli altri.
Quando a causa di qualche incidente comincia ad introdursi il gioco scorretto, possono essere capaci di fermarsi e dire basta! Ricominciano a giocare bene e, se risulta necessario, nominano un arbitro.

Anche nella vita degli adulti ci sono situazioni che giungono ad un livello di "saturazione" che non beneficia nessuno ed alle quali solo un cambiamento di cornice, di regole, può apportare una soluzione. Però dev'essere un cambiamento uguale per tutti, diversamente nessuno è disposto ad accettarlo. Càpita anche che costa immaginare una nuova cornice perchè l'attuale rende impossibile una chiara maniera di impiantare la nuova. Possiamo vederlo nel caso del problema del traffico nelle grandi città. Le due alternative, auto privata o trasporto pubblico, presentano gravi inconvenienti qualora le si vogliano mantenere simultanee e compatibili. Le misure che si introducono per favorire un sistema vanno a discapito, solitamente, dell'altro, fino al punto che in definitiva ne risultano pregiudicati entrambi. Il trasporto pubblico di superficie non può essere efficiente fintantochè il trasporto privato glielo impedisca. Di conseguenza, gli affezionatissimi al trasporto privato, malgrado il supplizio quotidiano, non si sentono incoraggiati a passare al supplizio del trasporto pubblico. Il risultato è il collasso permanente del sistema di trasporto (con tutto il disagio, le spese ed i danni che ciò comporta per tutti; dal punto di vista della qualità del trasporto, nessuno ne risulta beneficiato, nè ricchi nè poveri). Ci sarà chi ne risulti avvantaggiato, almeno indirettamente (fabbricanti d'auto, petrolieri, esperti d'urbanistica del traffico, officine di riparazione...). Ma perfino questi, che nella prima fase di un cambiamento sembrerebbe abbiano da perderci, dovranno trovare con le nuove regole del gioco, nella misura del possibile, uno spazio per vivere.

Come rispettare coloro che vogliono, o devono, andare soli, tranquilli, in un veicolo, da porta a porta, senza mettere a repentaglio l'insieme del sistema di trasporto? Come offrire, nello stesso tempo, un trasporto collettivo efficiente, rapido, economico, che non interferisca col trasporto personalizzato?

Esiste una gamma di soluzioni tecniche che rende possibile una sostituzione dei veicoli privati con taxi o autotaxi, e trasporto pubblico sotterraneo e di superficie, efficienti, non inquinanti e molto economici. Immaginiamo che il milione di veicoli a cui può giungere una città, con un utilizzo medio di una o due persone per veicolo, venga sostituito da una flotta sufficiente di taxi non inquinanti (elettrici, ad idrogeno...), fermi ad ogni angolo di strada, ed in grado di circolare insieme al trasporto pubblico per strade decongestionate, senza auto private in giro e neppure parcheggiate. Dei taxi che possano caricare grandi pacchetti, una sedia a rotelle, un seggiolino da neonato. Dei taxi che, a seconda del cliente, possano compiere tragitti quotidiani individuali o collettivi per andare e tornare al lavoro. Tutti i vantaggi della macchina privata e quasi nessuno degli inconvenienti. Inoltre, per chi non vuole autista ci sono degli autotaxi elettrici che funzionano con una carta monetaria intelligente: li si può prendere e lasciare da/ad uno dei molti parcheggi sparsi. A fine mese si paga la spesa di trasporto registrata nella cassa di ogni autotaxi e nella propria carta monetaria (il suo funzionamento viene spiegato nel capitolo 17).

Questo è solo un esempio. Esistono molte soluzioni tecniche già messe a punto che attendono la decisione politica che permetta ai fabbricanti di entrare in azione per risolvere il problema della saturazione nelle città e per ridurre l'inevitabile crisi del mercato delle automobili classiche. Nessuna di queste soluzioni sarebbe competitiva nel quadro degli ingorghi attuali. Questi però sono tra tutti i meno competitivi ed economici, e si mantengono soltanto per l'inerzia, per il peso degli interessi venutisi a creare e per l'incapacità del sistema democratico, così com'è strutturato, di prendere decisioni che vadano al di là dei quattro anni di mandato. E questo quando oggi, curiosamente, la maggior parte dei grandi problemi possono essere risolti soltanto cambiando i contesti, cosa che di solito richiede un consenso di più di quattro anni.

È dunque questa la contraddizione tra un sistema per la presa delle decisioni ormai obsoleto ed un tipo di decisioni che supera il contesto, le scadenze e le capacità proprie del sistema di presa delle decisioni.

Proseguendo su questa linea, chiediamoci ora qual'è l'efficacia dei sistemi economici e politici di questo secolo. La valutazione che ne fanno la maggior parte dei responsabili politici è simile a quella che ne viene fatta del traffico urbano: non va poi così male! Ci sono alcuni problemi ma si stanno già risolvendo con le circonvallazioni, nuovi parcheggi, maggiore informatizzazione, caselli automatici di pagamento...

Ora che molti considerano che il socialismo è crollato, andrebbe bene stabilire una serie di indicatori che misurino il grado di successo o di fallimento dei sistemi economici e politici, in modo da verificare se il capitalismo democratico è o non è un successo, se è insomma "il meno peggio" dei sistemi.

Il prodotto interno lordo e la rendita pro capite, sono dei buoni indicatori? Dobbiamo dire di no. In primo luogo, perchè nel suo conteggio si aggiunge come produzione ciò che bisognerebbe sottrarre (disinquinamento, spese per malattie, per armamento, supersfruttamento ed impoverimento degli abitanti dei paesi fornitori di materie prime...). In secondo luogo, perchè nella sua distribuzione la rendita pro capita nasconde le grandi differenze tra classi sociali. Nel caso dell'Europa, le cifre ufficiali permettono di contabilizzare almeno 90 milioni di poveri, più o meno equamente ripartiti tra l'est (socialista) e l'ovest (capitalista). Nell'URSS, "secondo fonti sovietiche, il 20 per cento della popolazione -43 milioni di persone- vivono al di sotto del livello considerato di "minima sicurezza materiale(1) "" Nel 1985, soltanto nella CEE "la povertà colpiva 44 milioni di cittadini il 14 per cento della popolazione totale(2) -". Bisognerebe aggiungere a queste cifre tutte quelle relative ai paesi che non appartengono nè alla CEE nè all'URSS. La povertà forzosa, l'indigenza, la fame, la miseria, sono dei buoni indicatori del grado di efficienza di un sistema, ed in questo senso nè capitalismo nè socialismo reali, nè al nord nè ancor meno al sud, possono essere promossi.

Così, non si può affermare che il socialismo reale è un fallimento, senza riconoscere nello stesso tempo che il capitalismo reale, nelle grandi metropoli e soprattutti nei paesi "dipendenti", ha altrettanti se non più problemi da risolvere (tanto sul piano "economico" come su quello "democratico"). In questo momento della storia umana ci sono due domande cruciali da porsi:

È possibile un libero mercato -ma solo di ciò che è mercantilizzabile- che favorisca la creazione e la distribuzione di ricchezza, in modo che questa non sia il frutto della distruzione della natura nè esiga la povertà e la miseria di una parte della popolazione?

È possibile un sistema politico nel quale il gioco sporco non rimanga impunito, in cui lo Stato di diritto non venga paralizzato dai poteri di fatto e in cui la presa delle decisioni tenga in considerazione tanto la volontà della popolazione come l'efficacia dei risultati?

Quando ci chiediamo se è possibile, non ci riferiamo ad una possibilità utopica, bensì ad una capacità attuale -umana, tecnica, strumentale, operativa- che risponda ad una necessità attuale. Perchè i due sistemi di questo secolo non hanno saputo o non hanno voluto compaginare mercato e solidarietà, Stato di diritto e libertà?

È molto difficile rispondere ai perchè delle cose, soprattutto quando si tratta di cose complesse. Ciò che invece si può cercare di fare è formulare ipotesi su "cose" che sono venute a mancare, per verificare nel presente-futuro se questa mancanza era o no decisiva per risolvere le contraddizioni.

Ambedue i sistemi hanno generato al proprio interno una grande contraddizione tra la crescita spettacolare della complessità ed il mantenimento di meccanismi di informazione, autocontrollo e presa di decisioni propri di società molto meno sofisticate. In altre parole, tanto nel campo politico come in quello economico, la costituzione di grandi statalismi, di grandi mercati, di grandi pianificazioni... è stata compiuta con la mentalità e con le strutture di società di uno o due secoli fa.

Giunti all'angolo del ventunesimo secolo, sappiamo che in sistemi complessi vi è un grado altissimo di azzardo e di impredicibilità. Sappiamo che si può prevedere il clima, ma non il tempo che farà se non a distanza di poche ore. L'incertezza relativa a questa complessità si può tentare di ridurre solo con un adeguato, agile permanente e preciso sistema d'informazione (le fotografie dei satelliti meteorologici permettono una maggiore approssimazione alla realtà). Senza una corretta informazione non si può cercare di governare o di regolare nessun sistema complesso.

Circa l'importanza di un corretto sistema d'informazione possiamo prendere l'esempio del gioco del calcio. Esiste un regolamento che in genere non viene discusso. Che i giocatori siano bianchi o negri, russi o americani, i loro gol valgono uguale. Il problema, in questo caso, non risiede nella scelta delle regole del gioco, bensì nella loro interpretazione arbitrale. Le partite di calcio hanno acquisito socialmente una grande importanza; l'arbitro si assume molta responsabilità, e per quanto ci metta buona volontà è difficile che ne sia sempre all'altezza (figuriamoci poi se ci mette cattiva volontà). In entrambi i casi l'arbitro deve convivere con un sistema di "arbitraggio tecnico" in competizione che, seppure (per il momento) non ha valore legale, lo possiede "di fatto". Questo sistema in competizione è la televisione, e soprattutto la moviola: la ripetizione al rallentatore delle giocate conflittuali. Le "istituzioni calcistiche" non vogliono introdurre l'aiuto della moviola nel lavoro degli arbitri. Uno dei risultati lo vediamo nella violenza e nello scontento del pubblico. Nella perdita di credibilità. Perchè non usare uno strumento tecnico -disponibile- più preciso, che può migliorare la presa di decisioni e che il pubblico stesso accetta in quanto più preciso?

Analogamente, dovremmo chiederci perchè non usano i nuovi mezzi tecnici i giudici (per documentare le loro sentenze), gli economisti (per smetterla con le loro elucubrazioni campate per aria su indici e teorie infalsificabili), i politici (per impedire il gioco sporco e l'irresponsabilità).

Note:

(1)TAIBO, Carlos, La Unión Soviética de Gorbachov, Editorial Fundamentos, Madrid, 1989, p. 59.
(2)"El País", 13-IV-1989
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