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Capitolo 3. Le due facce
della moneta. |
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Quest'ambivalenza della
moneta è dovuta all'uso che se ne fa: strumento di dominio,
di potere, di corruzione.... o strumento d'intercambio, di responsabilizzazione,
d'informazione condivisa.
L'ambivalenza della moneta si deve all'uso che
ne fa chi la possiede, e soprattutto chi la possiede in quantità
sufficienti ad orientarne l'uso predominante. Nella mitologia greca,
Plutone, che era insieme la divinità dei morti e della ricchezza,
aveva due facce: una orrenda e l'altra benevola. Questa è
la natura tragica degli strumenti umani. Questa ambivalenza divina
si concretizza nel corso della storia in "plutarchia":
l'insieme di persone e di istituzioni che detengono il potere a
causa della loro ricchezza, vale a dire, i poteri di fatto del denaro.
La terribile ambiguità della moneta ha tenuta nascosta, però,
una parte della faccia benefica di Plutone: la responsabilizzazione
e l'informazione condivisa. La parola moneta proviene dal latino
moneta, nome della fabbrica di moneta a Roma. Dalle diverse possibili
origini greche del nome, possiamo derivarne diverse funzioni: monas
(unità di misura dell'intercambio); monitore (avviso-informatore
di ciò che si realizza in un intercambio).
La difficoltà nel valutare la "bontà"
della moneta viene dal fatto che dobbiamo far fronte alle sue due
facce nelo stesso tempo. Nelle culture in cui la si considera imprescindibile
per gli scambi viene insieme accusata di essere lo strumento di
molti mali. Però questa ambivalenza non la si tiene in conto
al momento di cercare soluzioni. Si pensa che esiste un solo tipo
di moneta possibile che, intrinsecamente, ne permette un doppio
uso, buono e cattivo. Con questo argomento tutto il resto ricade
sulla responsabilità personale, sulla moralità dei
politici, dei banchieri e degli impresari. Moralità sempre
dichiarata, e mai messa in dubbio dagli scandali settimanalmente
denunciati dalla stampa in un paese od un'altro, e che coinvolgono
alcuni membri della classe dirigente, normalmente obbligati alle
dimissioni, e tutto finisce lì. Però questi scandali
sono senza dubbio la punta di un gigantesco iceberg che coinvolge
in pratica quasi la totalità delle persone che fanno muovere
i soldi. E non perchè manchi moralità o etica alla
maggior parte dei mortali, ma perchè, di per se stesso, il
tipo di moneta dominante è uno strumento perfetto per incoraggiare
i più santi a far qualcosa di "piccolo" o di "grande"
che non si dovrebbe fare. Nello Stato di diritto, nel regno della
legge, quasi tutto è "toccato" direttamente od
indirettamente da questo tipo di moneta vigente, che non lascia
traccia.
Chiedere moralità e responsabilità
in presenza di questo tipo di moneta è come chiederne a dei
prigionieri in un campo di concentramento dove scarseggiano gli
alimenti ma i prigionieri possiedono coltelli (strumenti insufficienti
per fuggire, ma vitalmente utili per sopravvivere). Per sopravvivere,
ciascuno di noi, al suo livello sociale, usa la moneta come può.
Non rimane altra scelta. Il vero problema è che c'è
qualcuno che non soltanto l'utilizza per sopravvivere, ma per garantirsi
il proprio livello di benessere e di potere. Nel campo di concentramento
le guardie assicurano il loro dominio fabbricando pugnali e introducendoli
tra i prigionieri. La zuffa permanente tra i prigionieri è
la migliore garanzia per i guardiani del campo. La distribuzione
di pugnali a determinati gruppi e in determinate condizioni stabilisce
all'interno del campo un sistema di dominio ben più brutale
di quello esercitato dagli irreprensibili e rispettuosi guardiani,
difensori dell'ordine pubblico.
Alcune, poche, pochissime persone hanno molto a
che vedere con le grandi operazioni speculative della borsa, con
le grandi imprese di sfruttamento delle risorse naturali, con i
grandi affari di fabbricazione e vendita d'armi o di produzione
e distribuzione di droga, con le grandi reti di produzione informativa...
E vi hanno molto a che vedere sia perchè prendono decisioni
al riguardo, sia perchè ne sono proprietari. In entrambi
i casi, si tratta di ottenere denari e potere o potere e denari,
gli uni inseparabili dall'altro. Il denaro dà potere e il
potere si ottiene, s'incrementa e si conserva attraverso il denaro.
Queste poche persone -più o meno anonime, più o meno
rivali, più o meno promotrici di organizzazioni e di imprese-
costituiscono, di fatto, un Governo all'ombra che condiziona gran
parte delle decisioni importanti. Sono il potere "di fatto"
per eccellenza, che, direttamente o indirettamente, preme sui governi
o colloca quinte colonne nei parlamenti e nelle istituzioni. Sono
una grande mafia -accettata o perseguita-, onnipresente nei punti
chiave. Le sue forme più folkloristiche sono la mafia siciliana
e i cartelli colombiani. Le sue forme più raffinate sono
tanto sottili e molteplici quanto lo permettono i diversi sistemi
sociali (di solito coincidono con gli "affari" di onorevoli
banchieri, impresari e politici).
La maggior parte di noi è coinvolta nel
fatto che la situazione sia questa. La partecipazione su piccola
scala, le piccole complicità (falsità nella dichiarazione
dei redditi, piccoli lavori in nero, d'economia sommersa, "mance"
o regali per ottenere favori...) ci fanno temere la trasparenza.
Per poter mantenere ciascuno il suo piccolo gioco truccato, diamo
copertura al grande gioco sporco che annulla automaticamente i magri
guadagni che possiamo ottenere con i nostri stratagemmi.
L'altra faccia della moneta dobbiamo ancora scoprirla
perchè fino ad ora era molto difficile persino immaginarla
tecnicamente e socialmente. E ciò che non vediamo e non possiamo
immaginare, è come se non esistesse. In che modo una moneta
metallica o un biglietto di banca possono aiutare a lasciar traccia
di ciò per cui sono stati utilizzati? In che modo coloro
che traggono profitto da questa situazione possono risultare interessati
a cambiare le cose?
Sembra chiaro che la plutarchia, il potere del
denaro, non ha granchè interesse per l'immaginazione creativa
e che non ha lanciato alcun "concorso" per studiare e
proporre alternative a questo tipo di moneta che gli permette di
giocare (sporco) senza lasciare traccia. Ma è anche possibile
che la complessità del mondo attuale e l'intrinseca incapacità
di affrontarla che dimostra l'attuale tipo di moneta, siano fattori
che congiurano nel mettere in pericolo la sua sopravvivenza.
Nella misteriosa riunione dei tre grandi "banchieri",
Deterding, Morgan e Finaly, gli esperti gli garantivano che, razionalizzando
la moneta, potrebbero guadagnare una quantità di denaro ancora
più grande. Curioso paradosso! Il gioco pulito non solo è
salutare per il corpo sociale, ma addirittura, secondo loro, permetterebbe
di trarre miglior partito dalla creazione di ricchezza. Gran parte
delle incertezze delle finanze e degli investimenti, delle obbligate
e rischiosissime operazioni speculative attuali verrebbero investite
da un potente ed esatto sistema informativo che permetterebbe evitare,
con miglior conoscenza di causa, le grandi crisi e i sobbalzi, facilitando
un più razionale utilizzo di risorse malsfruttate.
Di solito succede che se si gioca in modo sporco
in un determinato sistema è perchè chi non lo fa ne
resta emarginato. Ciò significa che non tutti hanno la voglia
di giocare sporco. In questi casi, esiste sovente un desiderio di
cambiare le regole del gioco e, soprattutto, di poter stabilire
la fiducia reciproca che permetta di sapere che si vigilerà
efficacemente per salvaguardare le regole del gioco "pulito".
Purtroppo, normalmente, questo desiderio e questa speranza rimangono
frustrate se non si propongono o accettano nuove regole del gioco
che siano efficaci e che possiedano soprattutto un sistema che ne
garantisca il rispetto, o se non altro la penalizzazione di chi
le infrange.
Si tratta dunque di scoprire una faccia della moneta
che favorisca insieme la libera creazione di ricchezza (in una cornice
ecologica e solidaria) e che permetta il fatto che per far questo
non sia necessario sporcarsi le mani continuamente, perchè
"ciascuno sa che tutti sanno" che non c'è più
bisogno di farlo.
Problemi di questo genere sono abbastanza comuni.
Si pongono nel modo più chiaro nei giochi dei bambini:
Quando si comincia un gioco, tutti sono messi al
corrente delle regole. Chi non le rispetta viene rifiutato dagli
altri.
Quando a causa di qualche incidente comincia ad introdursi il gioco
scorretto, possono essere capaci di fermarsi e dire basta! Ricominciano
a giocare bene e, se risulta necessario, nominano un arbitro.
Anche nella vita degli adulti ci sono situazioni
che giungono ad un livello di "saturazione" che non beneficia
nessuno ed alle quali solo un cambiamento di cornice, di regole,
può apportare una soluzione. Però dev'essere un cambiamento
uguale per tutti, diversamente nessuno è disposto ad accettarlo.
Càpita anche che costa immaginare una nuova cornice perchè
l'attuale rende impossibile una chiara maniera di impiantare la
nuova. Possiamo vederlo nel caso del problema del traffico nelle
grandi città. Le due alternative, auto privata o trasporto
pubblico, presentano gravi inconvenienti qualora le si vogliano
mantenere simultanee e compatibili. Le misure che si introducono
per favorire un sistema vanno a discapito, solitamente, dell'altro,
fino al punto che in definitiva ne risultano pregiudicati entrambi.
Il trasporto pubblico di superficie non può essere efficiente
fintantochè il trasporto privato glielo impedisca. Di conseguenza,
gli affezionatissimi al trasporto privato, malgrado il supplizio
quotidiano, non si sentono incoraggiati a passare al supplizio del
trasporto pubblico. Il risultato è il collasso permanente
del sistema di trasporto (con tutto il disagio, le spese ed i danni
che ciò comporta per tutti; dal punto di vista della qualità
del trasporto, nessuno ne risulta beneficiato, nè ricchi
nè poveri). Ci sarà chi ne risulti avvantaggiato,
almeno indirettamente (fabbricanti d'auto, petrolieri, esperti d'urbanistica
del traffico, officine di riparazione...). Ma perfino questi, che
nella prima fase di un cambiamento sembrerebbe abbiano da perderci,
dovranno trovare con le nuove regole del gioco, nella misura del
possibile, uno spazio per vivere.
Come rispettare coloro che vogliono, o devono,
andare soli, tranquilli, in un veicolo, da porta a porta, senza
mettere a repentaglio l'insieme del sistema di trasporto? Come offrire,
nello stesso tempo, un trasporto collettivo efficiente, rapido,
economico, che non interferisca col trasporto personalizzato?
Esiste una gamma di soluzioni tecniche che rende
possibile una sostituzione dei veicoli privati con taxi o autotaxi,
e trasporto pubblico sotterraneo e di superficie, efficienti, non
inquinanti e molto economici. Immaginiamo che il milione di veicoli
a cui può giungere una città, con un utilizzo medio
di una o due persone per veicolo, venga sostituito da una flotta
sufficiente di taxi non inquinanti (elettrici, ad idrogeno...),
fermi ad ogni angolo di strada, ed in grado di circolare insieme
al trasporto pubblico per strade decongestionate, senza auto private
in giro e neppure parcheggiate. Dei taxi che possano caricare grandi
pacchetti, una sedia a rotelle, un seggiolino da neonato. Dei taxi
che, a seconda del cliente, possano compiere tragitti quotidiani
individuali o collettivi per andare e tornare al lavoro. Tutti i
vantaggi della macchina privata e quasi nessuno degli inconvenienti.
Inoltre, per chi non vuole autista ci sono degli autotaxi elettrici
che funzionano con una carta monetaria intelligente: li si può
prendere e lasciare da/ad uno dei molti parcheggi sparsi. A fine
mese si paga la spesa di trasporto registrata nella cassa di ogni
autotaxi e nella propria carta monetaria (il suo funzionamento viene
spiegato nel capitolo 17).
Questo è solo un esempio. Esistono molte
soluzioni tecniche già messe a punto che attendono la decisione
politica che permetta ai fabbricanti di entrare in azione per risolvere
il problema della saturazione nelle città e per ridurre l'inevitabile
crisi del mercato delle automobili classiche. Nessuna di queste
soluzioni sarebbe competitiva nel quadro degli ingorghi attuali.
Questi però sono tra tutti i meno competitivi ed economici,
e si mantengono soltanto per l'inerzia, per il peso degli interessi
venutisi a creare e per l'incapacità del sistema democratico,
così com'è strutturato, di prendere decisioni che
vadano al di là dei quattro anni di mandato. E questo quando
oggi, curiosamente, la maggior parte dei grandi problemi possono
essere risolti soltanto cambiando i contesti, cosa che di solito
richiede un consenso di più di quattro anni.
È dunque questa la contraddizione tra un
sistema per la presa delle decisioni ormai obsoleto ed un tipo di
decisioni che supera il contesto, le scadenze e le capacità
proprie del sistema di presa delle decisioni.
Proseguendo su questa linea, chiediamoci ora qual'è
l'efficacia dei sistemi economici e politici di questo secolo. La
valutazione che ne fanno la maggior parte dei responsabili politici
è simile a quella che ne viene fatta del traffico urbano:
non va poi così male! Ci sono alcuni problemi ma si stanno
già risolvendo con le circonvallazioni, nuovi parcheggi,
maggiore informatizzazione, caselli automatici di pagamento...
Ora che molti considerano che il socialismo è
crollato, andrebbe bene stabilire una serie di indicatori che misurino
il grado di successo o di fallimento dei sistemi economici e politici,
in modo da verificare se il capitalismo democratico è o non
è un successo, se è insomma "il meno peggio"
dei sistemi.
Il prodotto interno lordo e la rendita pro capite,
sono dei buoni indicatori? Dobbiamo dire di no. In primo luogo,
perchè nel suo conteggio si aggiunge come produzione ciò
che bisognerebbe sottrarre (disinquinamento, spese per malattie,
per armamento, supersfruttamento ed impoverimento degli abitanti
dei paesi fornitori di materie prime...). In secondo luogo, perchè
nella sua distribuzione la rendita pro capita nasconde le grandi
differenze tra classi sociali. Nel caso dell'Europa, le cifre ufficiali
permettono di contabilizzare almeno 90 milioni di poveri, più
o meno equamente ripartiti tra l'est (socialista) e l'ovest (capitalista).
Nell'URSS, "secondo fonti sovietiche, il 20 per cento della
popolazione -43 milioni di persone- vivono al di sotto del livello
considerato di "minima sicurezza materiale(1) ""
Nel 1985, soltanto nella CEE "la povertà colpiva 44
milioni di cittadini il 14 per cento della popolazione totale(2)
-". Bisognerebe aggiungere a queste cifre tutte quelle relative
ai paesi che non appartengono nè alla CEE nè all'URSS.
La povertà forzosa, l'indigenza, la fame, la miseria, sono
dei buoni indicatori del grado di efficienza di un sistema, ed in
questo senso nè capitalismo nè socialismo reali, nè
al nord nè ancor meno al sud, possono essere promossi.
Così, non si può affermare che il
socialismo reale è un fallimento, senza riconoscere nello
stesso tempo che il capitalismo reale, nelle grandi metropoli e
soprattutti nei paesi "dipendenti", ha altrettanti se
non più problemi da risolvere (tanto sul piano "economico"
come su quello "democratico"). In questo momento della
storia umana ci sono due domande cruciali da porsi:
È possibile un libero mercato -ma solo di
ciò che è mercantilizzabile- che favorisca la creazione
e la distribuzione di ricchezza, in modo che questa non sia il frutto
della distruzione della natura nè esiga la povertà
e la miseria di una parte della popolazione?
È possibile un sistema politico nel quale
il gioco sporco non rimanga impunito, in cui lo Stato di diritto
non venga paralizzato dai poteri di fatto e in cui la presa delle
decisioni tenga in considerazione tanto la volontà della
popolazione come l'efficacia dei risultati?
Quando ci chiediamo se è possibile, non
ci riferiamo ad una possibilità utopica, bensì ad
una capacità attuale -umana, tecnica, strumentale, operativa-
che risponda ad una necessità attuale. Perchè i due
sistemi di questo secolo non hanno saputo o non hanno voluto compaginare
mercato e solidarietà, Stato di diritto e libertà?
È molto difficile rispondere ai perchè
delle cose, soprattutto quando si tratta di cose complesse. Ciò
che invece si può cercare di fare è formulare ipotesi
su "cose" che sono venute a mancare, per verificare nel
presente-futuro se questa mancanza era o no decisiva per risolvere
le contraddizioni.
Ambedue i sistemi hanno generato al proprio interno
una grande contraddizione tra la crescita spettacolare della complessità
ed il mantenimento di meccanismi di informazione, autocontrollo
e presa di decisioni propri di società molto meno sofisticate.
In altre parole, tanto nel campo politico come in quello economico,
la costituzione di grandi statalismi, di grandi mercati, di grandi
pianificazioni... è stata compiuta con la mentalità
e con le strutture di società di uno o due secoli fa.
Giunti all'angolo del ventunesimo secolo, sappiamo
che in sistemi complessi vi è un grado altissimo di azzardo
e di impredicibilità. Sappiamo che si può prevedere
il clima, ma non il tempo che farà se non a distanza di poche
ore. L'incertezza relativa a questa complessità si può
tentare di ridurre solo con un adeguato, agile permanente e preciso
sistema d'informazione (le fotografie dei satelliti meteorologici
permettono una maggiore approssimazione alla realtà). Senza
una corretta informazione non si può cercare di governare
o di regolare nessun sistema complesso.
Circa l'importanza di un corretto sistema d'informazione
possiamo prendere l'esempio del gioco del calcio. Esiste un regolamento
che in genere non viene discusso. Che i giocatori siano bianchi
o negri, russi o americani, i loro gol valgono uguale. Il problema,
in questo caso, non risiede nella scelta delle regole del gioco,
bensì nella loro interpretazione arbitrale. Le partite di
calcio hanno acquisito socialmente una grande importanza; l'arbitro
si assume molta responsabilità, e per quanto ci metta buona
volontà è difficile che ne sia sempre all'altezza
(figuriamoci poi se ci mette cattiva volontà). In entrambi
i casi l'arbitro deve convivere con un sistema di "arbitraggio
tecnico" in competizione che, seppure (per il momento) non
ha valore legale, lo possiede "di fatto". Questo sistema
in competizione è la televisione, e soprattutto la moviola:
la ripetizione al rallentatore delle giocate conflittuali. Le "istituzioni
calcistiche" non vogliono introdurre l'aiuto della moviola
nel lavoro degli arbitri. Uno dei risultati lo vediamo nella violenza
e nello scontento del pubblico. Nella perdita di credibilità.
Perchè non usare uno strumento tecnico -disponibile- più
preciso, che può migliorare la presa di decisioni e che il
pubblico stesso accetta in quanto più preciso?
Analogamente, dovremmo chiederci perchè
non usano i nuovi mezzi tecnici i giudici (per documentare le loro
sentenze), gli economisti (per smetterla con le loro elucubrazioni
campate per aria su indici e teorie infalsificabili), i politici
(per impedire il gioco sporco e l'irresponsabilità).
Note:
(1)TAIBO, Carlos, La Unión Soviética
de Gorbachov, Editorial Fundamentos, Madrid, 1989, p. 59.
(2)"El País", 13-IV-1989.
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